Non solo insegnanti ma anche medici, infermieri, impiegati degli Enti Locali e dei Ministeri ed altri lavoratori dipendenti precari con almeno 36 mesi di servizio svolti con contratti a tempo determinato, devono sapere che in virtù dell’art. 5 comma 4 bis del d.lgs 368/01 il legislatore, adeguando la normativa interna a quella comunitaria e ponendo un limite all’utilizzo dei contratti a tempo determinato in modo da evitare che il lavoratore possa rimanere “precario a vita”, ha fissato un arco temporale (36 mesi) oltre il quale il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato, indipendentemente dalla legittimità o meno del termine.
Ciò che assume rilevanza ai fini della conversione del rapporto non è la illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro (che, considerata la limitazione dell’art. 36 del d.lgs. 165/01, consentirebbe al pubblico dipendente di ottenere solo un risarcimento del danno), ma il fatto che, pure in presenza di contratti legittimi (cioè rispettosi delle norme che disciplinano il rapporto a termine), il rapporto di lavoro è considerato a tempo indeterminato – ai sensi dell’art 5 comma 4 bis del d.lgs. 368/01 “ qualora per effetto di successioni di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro”.
L’applicabilità dell’art. 5 comma 4 bis del d.lgs. 368/01 al pubblico impiego è stato più volte confermato dalla recente giurisprudenza, sia comunitaria che nazionale.
Con particolare attenzione al comparto sanità, il legislatore è intervenuto con il D.L. 158/12 – pubblicato in g.u. n. 214 del 13.9.12 ed entrato in vigore in data 14/09/12 – che, aggiungendo all’art. 10 del d.lgs 368/01 il comma 4 ter, esclude espressamente l’applicazione del comma 4 bis dell’art. 5 del d.lgs 368/01 ai contratti a tempo determinato del personale sanitario del servizio sanitario nazionale, ivi compresi quelli dei dirigenti medici di I livello: ed è proprio quest’ultimo intervento legislativo che evidenzia inequivocabilmente che prima dell’entrata in vigore del decreto legge appena citato, era applicabile anche alla P.A – comparto sanità, l’art. 5, comma 4 bis. L’intervento legislativo non avrebbe avuto alcun senso, altrimenti, se la conversione del rapporto di lavoro per il superamento dei 36 mesi fosse già esclusa!.
Non potendo il divieto assoluto di conversione introdotto con il dl 158/12 che partire dalla sua entrata in vigore, tutti coloro che hanno maturato i 36 mesi prima del 14.9.12 (termine questo perentorio SOLO PER IL COMPARTO SANITA’) possiedono i presupposti per la conversione del rapporto di lavoro e possono adire il giudice del lavoro del luogo in cui hanno sottoscritto l’ultimo contratto per averne il riconoscimento giuridico.
Non solo. Oltre alla conversione possono chiedere un risarcimento danni, cha alcuni giudici hanno stimato equo liquidare in una mensilità lorda per ogni anno di precariato. Il risarcimento va riconosciuto per il solo fatto che la pubblica amministrazione abbia reiterato il rapporto a termine in difetto dei presupposti richiesti dalla normativa comunitaria. Tra l’altro è quanto dispone la Commissione Europea nella causa “Papalia” definita con ordinanza del 12/12/13 nella causa promossa da un lavoratore precario contro il Comune di Aosta.
I lavoratori con oltre 36 mesi di servizio possono dunque chiedere la stabilizzazione del proprio rapporto di lavoro consapevoli di una giurisprudenza comunitaria e nazionale favorevole.
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